Basta attraversare alcuni borghi d’Italia per rendersi conto immediatamente dei panorami e delle bellezze naturali del nostro paese. Sarebbe sufficiente, infatti, soffermarsi nei luoghi a nostra disposizione per ammirare posti suggestivi, terre rigogliose, tradizioni ataviche che col tempo non si sono perse ma, al contrario, si sono evolute rispettando le origini delle cose e migliorandone le specificità. Nella valle del Basento, per esempio, ai margini di canyon scelti da Sergio Leone per i suoi western, si trova Ferrandina. Si caratterizza per l’ossimoro gradevole tra case ed edifici moderni e i colori caldi della terra, l’humus degli uliveti che si stende, come una cornice regale, lungo tutto il paese. Sono uliveti secolari che raccontano una storia e conservano una lunga tradizione. Da sempre l’ulivo è stato considerato simbolo di spiritualità e sacralità, sinonimo di fertilità e rinascita, di pace e valore. Seimila anni fa, infatti, comincia la sua coltivazione e la sua esportazione in tutto il mondo. Bisogna, dunque, risalire ai tempi della Magna Grecia per scoprire l’origine e la natura della “Majatica”, il fiore all’occhiello di Ferrandina, un’oliva grande e nera, con un nocciolo meno sviluppato rispetto alla polpa con ottima consistenza, dalla quale si ricava un eccellente olio ma anche delle ottime olive da tavola. Ferrandina ha quindi un debito nei confronti dei suoi antenati dai quali ha ereditato un immenso alberato di ulivi, di cui va orgogliosa e che dà occupazione e sostentamento a tanti lavoratori. Le prime notizie documentate sulla coltivazione dell’ulivo a Ferrandina risalgono infatti al 1544, quando ci fu un censimento delle terre vescovili da parte della Chiesa, che evidenziò la presenza di terre atte alla coltivazione dell’olivo che però vide il suo massimo sviluppo agli inizi del XVIII secolo, nella rivelazione per il “Catasto Onciario” fatta da padre Michelangelo Sartorelli, priore del convento di San Domenico. Nel 1787, gli stessi padri del convento misero a coltura centinaia di alberi della tenuta “Coste dell’Abate”. Negli anni a seguire, la coltura dell’oliveto si stabilizzò a ridosso dei centri abitati per meglio stabilizzare il rapporto tra coltivatori e terra coltivata. Produzione che è andata via via crescendo a ridosso del Novecento. Attualmente nel territorio di Ferrandina si contano 204.413 piante di olive, numero si spera, in continua crescita.
Il tempo ha solo rafforzato la tradizione pur scontrandosi con l’industrializzazione della Val Basento. Tuttavia i profumi della terra e il bagliore dorato dell’olio non hanno mai abbandonato lo spirito di coloro che vedevano e vedono in questo prodotto, la fatica, il sacrificio, la storia e le radici profonde di una terra generosa e rigogliosa.
Una buona raccolta rappresenta, infatti, una speranza ed è veicolo di unione collettiva di un paese, che negli anni addietro, festeggiava il raccolto con la “festa del mascio”, che consisteva nel recidere il ramo più grande ornato di frutti e tenerlo come una reliquia santa, a testimonianza del buon raccolto e affinché fosse foriero di prosperità per la collettività.
La raccolta delle olive avviene manualmente, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre. Sotto le piante vengono sistemate le reti al fine di evitare il contatto con la terra. Vengono poi deposte in casse aperte e trasportate nei frantoi di zona, veri e propri stabilimenti oleari, dove la lavorazione e spremitura delle olive è stata ottimizzata anche grazie all’avvento dei frantoi a motore.
L’olio extravergine è rinomato per le sue eccellenti caratteristiche qualitative, i riflessi color oro e verde che lo contraddistinguono, lo rendono il prodotto ideale per un largo impiego, conquistando il favore e la visibilità nazionale e un posto privilegiato nelle esposizioni del settore. Già nel 1906, all’ “Esposizione Internazionale di Milano”, l’olio proveniente dalle nostre terre fu celebrato e investito di una rilevanza nazionale. La mostra durò da aprile a novembre del 1906. Fu l'estrema propaggine del positivismo a cavallo tra i secoli XIX e XX, alimentato dalle scoperte scientifiche e tecnologiche e dalla rivoluzione industriale. L’esposizione mise in luce ed evidenziò le peculiarità dell’olio extravergine; diversi i campioni pervenuti dalle aeree di Policoro, Pisticci, Montalbano Jonico. In quell’occasione i campioni provenienti da Ferrandina, appartenevano ai seguenti produttori: Turrini Mario, Montemurro Nicola, Di Trani Giovanni ed infine Albano e Centola, una delle poche ditte del Sud che esportavano il loro olio in tutta Europa e anche nelle Americhe. A New York proprio negli anni sessanta, essi avevano fondato addirittura una succursale. Questi produttori, quindi, hanno avuto il merito di far conoscere ed apprezzare la qualità dell’olio in tutto il mondo. (da “Rivista Illustrata Esposizione ed Attualità”, Anno V- n.87-88, ottobre 1906.)
Lo sviluppo di tecniche sempre più raffinate comincia già dal 1700, quando la lavorazione delle olive seguiva prassi e metodologie che sono rimaste invariate nel tempo, a cui si sono aggiunte piccole variazioni dovute all’avvento di nuove tecnologie. Dai forni a legna del 1910, siamo giunti agli essicatoi ad aria calda. La raccolta inizia da Novembre, le olive vengono fatte appassire su ripiani di legno e sottoposte successivamente a scottatura in acqua bollente, per poi venire scolate, salate a secco e condite con aromi locali. Dal processo di essicazione a quello di infornatura, il passaggio è breve e determina la formazione di un prodotto di eccellenza, che assurge a simbolo di una lunga e secolare tradizione autoctona.
L’80% della superficie coltivabile è coperta da olivi. La majatica anche grazie ai terreni argillosi, trova le condizioni climatiche ad essa favorevoli. Le olive majatiche ad oggi sono destinate quasi totalmente alla produzione dell’olio. Tre sono le aree di produzione maggiore: Vulture, Bassa Val d’Agri, Bassa Collina Materana. Ogni territorio è preposto alla lavorazione del suo prodotto d’eccellenza, secondo tecniche antiche e sempre attuali.
Sono terre ricche di storia, tramandate di generazione in generazione, che testimoniano la grande vocazione agricola della Basilicata che dà il meglio di sé negli ulivi: a Ferrandina, in particolar modo, le olive fanno storia nel territorio, rendendo questa stessa unica nel suo genere.
Il tempo ha solo rafforzato la tradizione pur scontrandosi con l’industrializzazione della Val Basento. Tuttavia i profumi della terra e il bagliore dorato dell’olio non hanno mai abbandonato lo spirito di coloro che vedevano e vedono in questo prodotto, la fatica, il sacrificio, la storia e le radici profonde di una terra generosa e rigogliosa.
Una buona raccolta rappresenta, infatti, una speranza ed è veicolo di unione collettiva di un paese, che negli anni addietro, festeggiava il raccolto con la “festa del mascio”, che consisteva nel recidere il ramo più grande ornato di frutti e tenerlo come una reliquia santa, a testimonianza del buon raccolto e affinché fosse foriero di prosperità per la collettività.
La raccolta delle olive avviene manualmente, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre. Sotto le piante vengono sistemate le reti al fine di evitare il contatto con la terra. Vengono poi deposte in casse aperte e trasportate nei frantoi di zona, veri e propri stabilimenti oleari, dove la lavorazione e spremitura delle olive è stata ottimizzata anche grazie all’avvento dei frantoi a motore.
L’olio extravergine è rinomato per le sue eccellenti caratteristiche qualitative, i riflessi color oro e verde che lo contraddistinguono, lo rendono il prodotto ideale per un largo impiego, conquistando il favore e la visibilità nazionale e un posto privilegiato nelle esposizioni del settore. Già nel 1906, all’ “Esposizione Internazionale di Milano”, l’olio proveniente dalle nostre terre fu celebrato e investito di una rilevanza nazionale. La mostra durò da aprile a novembre del 1906. Fu l'estrema propaggine del positivismo a cavallo tra i secoli XIX e XX, alimentato dalle scoperte scientifiche e tecnologiche e dalla rivoluzione industriale. L’esposizione mise in luce ed evidenziò le peculiarità dell’olio extravergine; diversi i campioni pervenuti dalle aeree di Policoro, Pisticci, Montalbano Jonico. In quell’occasione i campioni provenienti da Ferrandina, appartenevano ai seguenti produttori: Turrini Mario, Montemurro Nicola, Di Trani Giovanni ed infine Albano e Centola, una delle poche ditte del Sud che esportavano il loro olio in tutta Europa e anche nelle Americhe. A New York proprio negli anni sessanta, essi avevano fondato addirittura una succursale. Questi produttori, quindi, hanno avuto il merito di far conoscere ed apprezzare la qualità dell’olio in tutto il mondo. (da “Rivista Illustrata Esposizione ed Attualità”, Anno V- n.87-88, ottobre 1906.)
Lo sviluppo di tecniche sempre più raffinate comincia già dal 1700, quando la lavorazione delle olive seguiva prassi e metodologie che sono rimaste invariate nel tempo, a cui si sono aggiunte piccole variazioni dovute all’avvento di nuove tecnologie. Dai forni a legna del 1910, siamo giunti agli essicatoi ad aria calda. La raccolta inizia da Novembre, le olive vengono fatte appassire su ripiani di legno e sottoposte successivamente a scottatura in acqua bollente, per poi venire scolate, salate a secco e condite con aromi locali. Dal processo di essicazione a quello di infornatura, il passaggio è breve e determina la formazione di un prodotto di eccellenza, che assurge a simbolo di una lunga e secolare tradizione autoctona.
L’80% della superficie coltivabile è coperta da olivi. La majatica anche grazie ai terreni argillosi, trova le condizioni climatiche ad essa favorevoli. Le olive majatiche ad oggi sono destinate quasi totalmente alla produzione dell’olio. Tre sono le aree di produzione maggiore: Vulture, Bassa Val d’Agri, Bassa Collina Materana. Ogni territorio è preposto alla lavorazione del suo prodotto d’eccellenza, secondo tecniche antiche e sempre attuali.
Sono terre ricche di storia, tramandate di generazione in generazione, che testimoniano la grande vocazione agricola della Basilicata che dà il meglio di sé negli ulivi: a Ferrandina, in particolar modo, le olive fanno storia nel territorio, rendendo questa stessa unica nel suo genere.